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La copertina, morbida e leggera, diventerà un’inseparabile coccola nella crescita del tuo bambino. Colorata e personale, lo accompagnerà dalle passeggiate al parco alla nanna nella cameretta.

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La gravidanza del Padre

Mo’ puoi venire un momento?
Era dicembre , una tranquilla sera di freddo dicembrino, la tavola apparecchiata, un pinot rosso scaraffato per scaldare un po’, un buon film da guardare già nel lettore CD
Mo’? Ci sei?

Insieme vivevamo da un anno, una vita un po’ sbarazzina, facevamo ciò che ci veniva in mente, senza programmi che andassero oltre il paio di settimane.
Mooooreee dai, sei sordo?

Avevo 45 anni allora. Per diversi anni la mia vita da single era fatta di pochi vincoli e molte passioni.
Fotografia, viaggi, bici, libri, cinema, musei, mostre riempivano le mie giornate.
Ehiiii, fa ancora lei.
Mi piaceva, e mi piace tuttora, cucinare, avevo qualcosa sul fuoco, la padella sfrigolava.
Non ero sicuro che mi avesse chiamato.
Il tono di voce si alzò di qualche decibel: E ALLORA VIENI O NO?
Mo’ arrivo, arrivo subito.
Che urli, non sono sordo è che…
GUARDA, mi fa lei.
Ed io guardo.

Senza vedere.

Senza capire, o voler capire.
Cosa devo guardare?

(Ora le avrei chiesto: sei positiva al COVID? C’è una tacchetta.
Ma allora il covid era ancora lontano da venire).
Guardo lo stick che tiene in mano, guardo lei.

La sua espressione, raggiante e preoccupata al tempo stesso.
La mia, di espressione, credo fosse da “ebete”, sguardo fisso ed inespressivo, bocca aperta, una goccia di sudore sulla fronte.
Ma era dicembre, una tranquilla sera di freddo dicembrino, non era poi così caldo da poter sudare.
E’ così che è iniziata la mia vita dopo “i miei primi 40 anni”.
Tante ore di travaglio, mia moglie è stata stoica, così come ogni donna che partorisce.
Grado di sopportazione al dolore ai massimi livelli.
Giunsi trafelato in sala parto, il caffè nel bar dell’ospedale era stato un po’ troppo “lungo”.
Guardo, osservo medici ed infermieri che fanno tutte le cose giuste, ogni gesto è frutto della loro professionalità ed anni di esperienza.
Poi un vagito, eccola, con un gran fiato per dire: ora ci sono anch’io.
Me la danno, la prendo in braccio, inizio a sudare (era agosto del 2003, una delle estati più calde che io ricorda) anche se l’aria condizionata assolve pienamente al suo compito.

La guardo e già me ne innamoro.

Penso che la cosa più complicata e difficile per un padre siano i nove mesi che precedono la nascita.

Per me perlomeno è stato così.
La donna è già madre ancora prima del parto, già da subito avverte dei cambiamenti dentro di se, giorno per giorno fa conoscenza con l’esserino che le cresce dentro e con lui, giorno per giorno, adatta il respiro, il mangiare, i ritmi quotidiani, fino a raggiungere una indissolubile complicità.
Per noi padri i cambiamenti li osserviamo quasi da spettatori, certamente coinvolti, ma esterni.
Notiamo gli sbalzi umorali della compagna, la variazione dei gusti, guardiamo la “lievitazione” delle forme, il ventre muoversi.
Sentiamo che a breve qualcosa cambierà, è un periodo di ipotesi, di ripensamenti, paure o incertezze, di pre-nostalgia di quando non si avevano troppe responsabilità.
Ma poi senti un vagito ed allora i pensieri svaniscono, apri le braccia per accogliere tuo figlio.
In quel preciso momento ti senti padre e sei felice.
Forse sarà difficile, complicata, l’avventura che inizia per un padre, ma sarà uno splendido, lungo viaggio insieme.

Il più lungo possibile.

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